Henry Gustav Molaison, conosciuto anche come H.M. o Henry H. (Brooklyn, 26 febbraio 1926
– Hartford, 2 dicembre 2008),
è stato un paziente affetto da gravi disturbi mnestici.
Lo studio di
questo paziente, fino alla fine degli anni cinquanta, ha permesso lo sviluppo di una
serie di teorie circa il collegamento esistente tra funzionamento
anatomo-fisiologico del cervello e memoria nel contesto della neuropsicologia. Ha vissuto in una casa di cura
nel Connecticut dove è stato soggetto a ricerche fino
alla sua morte, avvenuta il 2 dicembre 2008.[1]
Storia
H.M.
soffriva di una grave forma di epilessia
farmaco-resistente, da molti ritenuta attribuibile ad un incidente in
bicicletta che aveva subito all'età di 9 anni. Egli soffriva di crisi parziale
semplice con evoluzione in crisi tonico-clonica
all'età di 16 anni. Nel 1953 fu mandato presso il dottor William
Scoville, chirurgo al Hartford Hospital, per un trattamento.[2] Scoville riuscì a localizzare l'origine
dei suoi attacchi epilettiformi nel lobo temporale mediale,
Henry Gustav Molaison |
suggerendo l'ablazione chirurgica dello stesso come terapia.
Il 1º settembre 1953
il dottor Scoville procedette nell'asportazione di parte di entrambi i lobi
temporali del cervello del paziente.[2] Ad H.M. furono asportati, quindi, i tre
quarti della formazione ippocampale,
il giro paraippocampale (la corteccia entorinale fu completamente distrutta) e
l'amigdala. Il suo ippocampo era interamente
silente ed i 2 centimetri rimanenti di tessuto ippocampale risultarono
atrofizzati, probabilmente perché la corteccia entorinale (che costituisce la
via d'ingresso principale a questa formazione) è stata completamente distrutta.
Ha subito inoltre la rimozione di parte della corteccia temporale anterolaterale.
Dopo
l'operazione egli cominciò a soffrire di una grave forma di amnesia anterograda: anche se la sua memoria a
breve termine sembrava intatta, egli non riusciva ad accumulare, ritenere o recuperare
nuovi ricordi. In accordo con alcuni scienziati (e.g., Schmolck, Kensinger,
Corkin, & Squire, 2002), quello di H.M. era un deficit nella capacita di
formare nuova conoscenza semantica. Egli inoltre
soffrì di moderata amnesia retrograda, infatti non riuscì a rievocare molti dei
suoi ricordi fino a 3-4 giorni prima dell'intervento, ed anche qualcuno
risalente fino all'undicesimo giorno prima. Ciò stava ad indicare come tale
amnesia sfumasse nel tempo. Comunque, la sua abilità di formare tracce di memoria procedurale rimase intatta, perciò egli
poteva, ad esempio, apprendere nuove abilità motorie, pur non riuscendo a ricordare
esplicitamente di averle apprese.
Il caso fu
portato all'interesse scientifico dallo stesso Scoville e dalla dottoressa Brenda
Milner nel 1957.[2]
Nuove scoperte sui
sistemi di memoria
La
particolarità del caso H.M. era quella di aver subito lesioni estremamente
precise e circoscritte, le sue carenze cognitive, infatti potevano essere fatte
risalire proprio alla mancanza di queste aree. Circostanza
RAPPORTI TRA TALAMO, IPPOCAMPO, AMIGDALA, CERVELLETTO |
molto importante
vista l'assenza, a quel tempo, di strumenti di brain imaging
a sufficiente risoluzione spaziale da permettere di delineare l'effettiva
estensione di lesioni in un paziente. È per questo che egli ha apportato
informazioni fondamentali per la comprensione delle funzioni mnestiche nel cervello
"normale".
In
particolare, egli riusciva in compiti che richiedevano l'uso della memoria a
breve termine e procedurale, ma non quelli riguardanti la memoria semantica a
lungo termine. Suggerendo che la sede di questi sistemi di memoria sia mediata,
del tutto o in parte, da differenti aree del cervello. Allo stesso modo, H.M.,
non poteva più consolidare nuovi ricordi, ma poteva accedere a trecce che
esistevano prima dell'operazione chirurgica, ciò suggeriva che la codifica e il
recupero di informazioni nella memoria a lungo termine fosse mediata da sistemi
differenti.
Il contributo alla
scienza
Lo studio di
H.M. ha rivoluzionato le conoscenze sull'organizzazione della memoria umana. Ha
provveduto a modificare il vecchio assetto teorico e portato alla produzione di
nuove teorie, con particolare interesse verso i processi e le basi neurali
sottostanti.
L’intervento
chirurgico
Fino all'eta
di 10 anni, H.M. soffriva di attacchi epilettiformi
sempre più frequenti. Col tempo la comparsa di tali accessi diventò sempre più
numerosa, al punto da
Henry Gustav Molaison 2 |
indurre il suo medico all'ipotesi di asportare chirurgicamente
la foce dalla quale si propagavano gli attacchi. Quindi nel '53 H.M. subì
l'asportazione dei lobi temporali mediali con un'operazione del chirurgo William
Scoville. Riguardo all'esatta porzione di corteccia rimossa Scoville
e Milner dissero:
« è stata svolta una resezione bilaterale dei lobi temporali mediali,
avanzando posteriormente per una distanza di 8 cm dal punto centrale del
bordo del lobo temporale, con il corno temporale a comporre il margine
laterale della resezione. »
|
Quando H.M.
si riprese dall'intervento, che alleviò sensibilmente la gravità dei suoi
disturbi, vennero identificati alcuni seri effetti collaterali, descritti da
Scoville e Milner come una "perdita completa della memoria per gli eventi
[...] assieme ad una amnesia retrograda parziale fino a tre anni prima
dell'operazione". Fu costatato inoltre dagli stessi che "le memorie
precoci sembrano apparire normali, non ci furono alterazioni della personalità
o deficit intellettivi generali".
Amnesia
Le
condizioni generali di H.M. furono descritte come amnesia anterograda severa
"temporally graded" (Smith & Kosslyn, 2007). H.M. risultava
incapace di
RAPPORTI TRA TALAMO, IPPOCAMPO, AMIGDALA, CERVELLETTO, dettagli |
formare nuove memorie di eventi e di nozioni semantiche;
essenzialmente egli viveva nel passato (Corkin, 2002). H.M. non mostrò mai
segni di deficit mnestici prima dell'operazione, la rimozione dei lobi
temporali mediali fu quindi ritenuta responsabile dell'amnesia. Di conseguenza
le aree rimosse furono ritenute responsabili della formazione di memorie
semantiche e episodiche a lungo termine. In più tali conclusioni sono state
corroborate da studi su pazienti con altre tipologie di lesioni alle strutture del
lobo temporale mediale.
A dispetto
dei deficit mnestici, H.M. mostrava abilità intatte nei test di intelligenza e mostrava capacità di linguaggio normali; indicando come alcune
funzioni di memoria (magazzino a breve termine, vocabolario, fonemi...) non
siano stati intaccati dall'intervento (Smith & Kosslyn, 2007; Corkin,
2002). H.M. era capace di ritenere informazioni per un breve periodo di tempo,
ciò è stato testato tramite esperimenti di memoria a breve termine, in cui la
sua performance risultò essere del tutto sovrapponibile a quella dei soggetti
di controllo. Questo proverebbe come la memoria di lavoro non facesse
affidamento sulle strutture temporali mediali. In più supporta la distinzione
generale che vede la memoria a lungo termine e quella a breve termine come
sistemi separati, così come quelli inerenti alla produzione e alla comprensione
linguistica.
Apprendimento di
abilità motorie
In aggiunta
alla memoria a breve termine, una capacità che si era conservata integra
RAPPORTI TRA TALAMO, IPPOCAMPO, AMIGDALA, CERVELLETTO, dettagli 2 |
fu
quella di apprendere abilità motorie. In uno studio condotto dalla Milner
all'inizio degli anni sessanta, H.M. fu
sottoposto ad un test di memoria procedurale che
consisteva nel riprodurre una figura, ridisegnandola, guardando la propria mano
riflessa in uno specchio. H.M. migliorava la sua prestazione come una persona
normale e questo risultato fu replicato in altri studi condotti da Corkin
(1968). La capacità di H.M. di svolgere alcune procedure di problem-solving
sono state inoltre dimostrate tramite il Tower of Hanoi task. Ciò fece supporre che H.M.
potesse formare memorie implicite, in contrapposizione alle memorie esplicite
(semantiche e episodiche) che non riusciva a ritenere per più di manciata di
secondi. Questo portò alla conclusione che anche memoria implicita ed esplicita
fossero presiedute da substrati neurali differenti.
Memoria Spaziale
Lo studio
del caso H.M. ha anche messo in luce le possibili basi neurali della memoria
spaziale e del processamento dell'informazione spaziale. A dispetto del suo
generale deficit mnestico per quanto riguarda il consolidamento di nuovi
ricordi episodico-semantici, e di alcuni suoi gravi handicap nel processamento
dell'informazione spaziale, è stato rilevato tramite test specifici, che H.M. era in grado di
disegnare una piantina topografica della sua abitazione. Questa scoperta fu
eclatante, in quanto H.M. si trasferì in quel luogo 5 anni dopo l'intervento.
Secondo Corkin, questo fenomeno era dovuto alla parziale integrità della parte
posteriore del giro paraippocampale.
In più H.M. era capace di svolgere compiti di memorizzazione-riconoscimento di
fotografie di volti celebri (anche se in questo caso tramite l'aiuto di indizi
fonemici). La performance positiva al riconoscimento di foto può essere dovuta
al fatto che l'operazione ha risparmiato parte della sua corteccia peririnale ventrale. La scoperta di
questi fenomeni fu di vitale importanza per migliorare la comprensione delle
diverse strutture del lobo temporale mediale. I deficit nella memoria spaziale
di H.M. hanno infatti apportato ulteriori evidenze circa il ruolo
dell'ippocampo nel acquisizione delle memorie di luoghi.
Processo di
consolidamento
Le lesioni
cerebrali subite da H.M. hanno inoltre messo in risalto alcuni aspetti del
processo di consolidamento dei ricordi. Egli infatti era
incapace di generare e consolidare nuovi ricordi anche se memorie della sua
infanzia, ad esempio, sono rimaste intatte. Questo ha portato a revisionare il
ruolo del lobo temporale mediale rispetto ai processi di memoria. È probabile
che questo sito sia coinvolto solo nel consolidamento di tracce mnestiche e
che, dopo un certo periodo di tempo, esse vengano "spostate" in altri
siti corticali. Questo spiegherebbe il perché H.M. conservasse vecchi ricordi, ma
fosse impossibilitato a immagazzinarne di nuovi.